Percorsi

Oltre ai raggruppamenti tematici, i fili rossi tra i titoli presenti nella bibliografia di Helsinki in libri son tanti. Qui di seguito ve ne proporremo alcuni nei giorni del Festival, seguendo l'incanto delle letture e i preziosi suggerimenti che saggisti, ricercatori, editori e traduttori hanno fornito al progetto.

Il ruggito della città

Perdersi nella Helsinki a cavallo tra Otto e Novecento e nella sua irruzione nella modernità, con eco tardo-romantiche e decadenti, espansioni urbanistiche e tensioni sociali ad alta incandescenza, significa imbattersi nelle opere di autrici e autori di primaria importanza, da Juhani Aho a Eino Leino e Mika Waltari, in parte protagonisti di una bella antologia sulla città – Helsinki. A Literary Companion – curata nel 2000 da Hildi Hawkins e Soila Lehtonen, con prose, poesie, lettere, memoir e scritti di viaggio tradotti in inglese.

Una guida essenziale per chiunque voglia approfondire la suggestiva storia letteraria di Helsinki in quel breve, intensissimo lasso di tempo, è anche la magnifica dissertazione di Lieven Ameel Moved by the City. Experiences of Helsinki in Finnish prose fiction 1889-1941 (2013). In un crocevia tra letterature comparate, storia e narrazioni urbane, Ameel (oggi docente all’Università di Tampere e ospite di Radio Helsinki) ha firmato un pregevole studio sulle pagine che meglio hanno immortalato l’esperienza della capitale nordica tra gli ultimi scorci del XIX e i primi decenni del XX secolo, analizzando il passaggio dalla campagna alla città presente in opere paradigmatiche del periodo, dal classico romanzo Jaana Rönty di Eino Leino (1907, mai tradotto in italiano e secondo capitolo della Trilogia dell'anno del gelo) a Henkien taistelu (La battaglia degli spiriti) di Joel Lehtonen (1933).

Non meno interessante, stavolta sul lato della produzione letteraria in lingua svedese, è infine un breve saggio di Massimo Ciaravolo (altro ospite di Radio Helsinki) dal titolo La Helsinki dei perdigiorno e il richiamo della terra (1998), in cui lo studioso e traduttore italiano si concentra sulle opere dei cosiddetti dagdrivare (“i perdigiorno”), intellettuali e narratori di respiro europeo – tra loro anche il giovane Runar Schildt che tra il 1907 e il 1917 bene incarnarono la temperie letteraria della capitale in trasformazione, esprimendo «il bisogno di una prosa cittadina».

Delitti e castighi: Mika Waltari in giallo

Alla fine degli anni ’30, Mika Waltari, balzato alla notorietà per il romanzo Suuri Illusioni (La grande illusione, 1928), compiuto a Parigi, è attivissimo in vari ruoli nel mondo letterario finlandese. Traduce testi dal francese per l’editore WSOY, lavora come redattore per il giornale Suomen Kuvalehti e pubblica miriadi di recensioni letterarie (pare oltre seicento) sul Maaseudun Tulevaisuus. Nel frattempo, scrive cinque opere teatrali e comincia a collaborare in modo sempre più continuativo con il cinema, insomma è una figura sempre più in evidenza, di cui si attendono le opere che spesso suscitano ampio dibattito. L’autore è specialmente interessato alle risonanze morali delle sue trame, ma al di fuori di qualsiasi omaggio a un’etica religiosa di maniera.

Il trionfo internazionale verrà dopo il conflitto mondiale con i maggiori romanzi storici, che sigleranno la ricezione della sua immagine più nota: nel frattempo Waltari tenta varie strade. Tra il 1933 e il 1935 attende a una vasta trilogia autobiografica intitolata Isästä poikaan (Di padre in figlio, inedita da noi). Il ritratto di famiglia è allo stesso tempo occasione per un racconto nel trascorrere del tempo nella cronaca di Helsinki, protagonista assoluta anche del seguente Surun ja ilon kaupunki (Città di dolore e di gioia, 1936). La stagione prebellica in Europa, peraltro, segnalando lo sviluppo dell’editoria in chiave di mass marketing, vede il fiorire di concorsi di ogni tipo per nuovi romanzieri. In queste competizioni lo scrittore, nato nel 1908, si cimenta in vari ambiti. Nel 1937 si segnala con un successo di scandalo legato a un magnifico romanzo breve, uscito in Italia come Il podere (Sperling & Kupfer, 1942). Una vicenda intrisa di eros, sullo sfondo di una campagna apparentemente immutabile, che turba non poco i suoi lettori. Numerosissimi in patria sono infatti coloro che protestano clamorosamente contro quella che definiscono “immoralità” della vicenda. Nel dialogo con il suo pubblico, Waltari interviene redigendo addirittura un romanzo-risposta, Jälkinäytös (ossia Il seguito), in cui riprende i fili della sua storia, in chiave di meta-racconto.

Nel 1939, quando la guerra sta per deflagrare, Waltari si cimenta con il giallo classico, in relazione a un concorso scandinavo, di cui stravince la sezione finlandese. La crime story all’inglese è all’apice della sua seduzione internazionale: il successo del genere dagli anni ’20 agli anni ’40 è di risonanza mondiale. Peraltro subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, Wystan Hugh Auden avrebbe espresso il suo altissimo omaggio critico a questa produzione nel saggio Il presbiterio colpevole (che si trova nella raccolta La mano del tintore), in cui identifica con sicurezza gli elementi costitutivi del genere, tra intrattenimento, paradossi sociali e dilemmi morali. Il romanzo di Waltari Kuka murhasi rouva Skrofin?, ossia Chi ha ucciso la signora Skrof? piace immediatamente. Il protagonista, il ruvido, corpulento, protestatario commissario Palmu, diventa un personaggio proverbiale per i suoi connazionali, che lo vedono come una versione finnica di Hercule Poirot. Senz’altro il modello del whodunit, scandito da deduzioni inusitate e colpi di scena a ripetizione è evidente, e i rimandi all’augusta lezione di Agatha Christie si intravedono qua e là, come anche risuonano certi echi del magistrale duo Nero Wolfe/Archie Goodwin creato da Rex Stout, nella coppia costituita da Palmu e dal suo assistente, criminologo e appassionato di psicanalisi, che cerca di modernizzare i mezzi di investigazione, sfidando i sarcasmi e le ire del capo. Però il tocco di Waltari è personalissimo, e inserisce non poche sorprese nella tessitura.

Lo scrittore aggiunse poi altri due tasselli romanzeschi alle vicende del commissario: Komisario Palmun erehdys (Lo sbaglio del commissario Palmu, 1940, inedito da noi) seguiva a tamburo battente il successo del libro che qui si ripresenta. Tähdet kertovat, Komisario Palmu (1962) invece veniva a distanza di un ventennio, dopo i romanzi storici celebri e seguiva da vicino il successo dei film di Matti Kassila. Il regista ha da poco compiuto novant’anni, ed è stato celebrato nel 2013 da una esposizione della sua città, Vantaa, alla periferia di Helsinki, che ripercorreva le scene dei film più noti. Dopo una serie di robusti drammi sociali, con i Palmu-film, di fatto, il regista ha trovato il posto di classico evergreen del cinema finnico, di cui è stato un protagonista per un cinquantennio, fino al 1994, quando ha diretto il suo ultimo lavoro: Kaikki pelissä. Queste sono le sue pellicole ispirate alle crime stories di Waltari: Komisario Palmun erehdys (1960), Kaasua, komisario Palmu! (1961), Tähdet kertovat, komisario Palmu (1962), per concludere con Vodkaa, komisario Palmu (1969). Un decennio, quindi, di intensa e fortunata dedizione al commissario, a fianco del bravo Joel Rinne (al secolo Toivo Joel Grondähl), incisivo nella caratterizzazione del personaggio, quanto lo strepitoso Gino Cervi nelle vesti di Maigret nel celebre sceneggiato RAI anni ’60. Il romanzo venne peraltro tradotto tempestivamente in Italia nel 1943 come Delitto al numero otto, nella versione di Piero Monaci presso Alpes, casa editrice d’avanguardia, cui si doveva tra l’altro nel 1929 il lancio de Gli indifferenti, di uno sconosciuto Alberto Moravia. In seguito, nel 1955 il romanzo recuperò il suo titolo da Garzanti, con nella fascetta l’indicazione del Gran Premio della Letteratura Poliziesca, anche questo però, come il precedente, non tradotto dall’originale finlandese.

L’intreccio del romanzo ruota intorno a una anziana e avara dama, la Skrof appunto, che ha un patrimonio che fa gola a molti. Il condominio in cui la signora abita, asserragliata in un appartamento di cui quasi mai si aprono porte e finestre, è squallido, ha bisogno di riparazioni. La prima scena si apre classicamente su una conversazione mattutina, tra la zitella signora Hallamaa e la portiera impegnata a sbattere uno stuoino intriso di polvere. L’impiegata delle poste segnala fortemente all’altra che c’è odore di gas: giunge poi il postino, giovane e sveglio, che sa che nell’appartamento della vecchia c’è un cagnetto lunatico che azzanna ai polpacci i malcapitati visitatori. Si stupisce che la bestia non si manifesti ringhiando e constata dalla cassetta della posta la fuoriuscita del gas. Poi giunge la polizia, nella veste del poliziotto di quartiere Ara, smanioso di gloria, e infine il commissario Palmu con il suo assistente, chiamato sbrigativamente “ragazzo”, che spesso assume il compito di narratore nella vicenda. I due hanno visioni diversissime nell’indagine, ma il più anziano capisce subito che si tratta di un delitto. Da allora si sviluppa una micidiale sequenza logica di azioni e reazioni, mentre entrano in scena uno dopo l’altro i personaggi della vicenda. La signora Skrof legava a sé, per il suo denaro, molte figure, diversissime: la dama, fino a poco tempo prima della morte, aveva infatti deciso di lasciare i suoi molti denari al sinistro reverendo Mustapää della Comunità di Betlemme, avido cercatore di denari dal passato ambiguo. Nel teatrino di Palmu tutti fanno la loro comparsa, con un segreto da nascondere, con una recita da allestire, con un alibi da inventare. La signorina Kirsti Skrof, figlia del marito dissipatore della signora, fuggita di casa a quanto pare per sabotare i piani matrimoniali che la riguardavano, Lankela, l’aviatore, piacente nipote della signora Skrof, che eredita del patrimonio, il suo amico inseparabile, il pittore surrealista Kuurna, che fa della bizzarria la sua carta da visita e afferma la necessità di dipingere i banchieri nella loro vera anima orrifica, e l’avvocato Lanne, che gira nella notte per le strade di Helsinki per farsi passare la sbronza prima di tornare a casa. Il girotondo di ipotesi si ferma quando il colpevole si rivela inopinatamente al commissario, scegliendo da solo il proprio castigo, estremo, nel momento stesso in cui dichiara di non essere in grado di accettare quello che gli avrebbe inflitto la giustizia degli uomini. Nel frattempo si dipana il ritratto di una società malata, ossessionata dal denaro, sempre dotata di maschere e impegnata in messinscene per celare i propri veri moventi, di cui Waltari fa, sotto l’apparenza del divertissement, un ritratto amaro, inciso per via di paradosso. Per certi aspetti, siamo dalle parti della sua cruda opera di denuncia sociale Kultakutri (Riccioli d’oro, 1948), ma qui il tono rimane quello seducente di una perfetta conversation piece, in cui si svelano i moventi di una società piena di doppi fondi, in scena in una nera commedia di delitto e castigo.

Luca Scarlini
(tratto dalla postfazione del romanzo Chi ha ucciso la signora Skrof? di Mika Waltari – Milano: Iperborea, 2014 –, qui proposto su gentile concessione dell'editore).

Le catene del male

Thriller e noir sono ormai tantissimi nel mondo nordico: questa vasta produzione letteraria, nei casi più felici riesce a evidenziare le crepe di una società complessa, idealizzata da più parti ma in fin dei conti largamente ignorata nelle sue dinamiche storico-sociali, dando vita a pagine intrise non solo di omicidi, storie nere o giochi di spie, ma anche di futuri oscuri in cui l’apocalisse ambientale è sempre più vicina e di passati in cui la Finlandia, stretta tra contese di potenze più forti, si è dovuta giostrare.

Nell’ampio percorso dedicato a Mika Waltari ci si è a lungo soffermati su Chi ha ucciso la signora Skrof? e altre delizie di questo grande autore, che ha dato vita a una delle serie in giallo più popolari della letteratura finlandese con protagonista il commissario Palmu. Ma il successo di Waltari non è senz’altro un caso isolato del tempo, tant’è che durante e dopo il secondo conflitto mondiale, per tutto l’arco del decennio successivo, si afferma e si consolida in Finlandia, con la capitale come sfondo delle narrazioni, una produzione di crime di cui si è raccolto in bibliografia qualche esemplare non tradotto italiano, come ad esempio Yöpäivystäjät: kuvaus Helsingin yöelämästä (Turni di notte) di Hugo Nousiainen, e Murha Tähtitorninmäellä (Assassinio sul Tähtitorninmäki) di Riku Rauta (nom de plume del giallista Aakke Jermo).

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Del resto la storia della città – a partire dalla guerra civile del 1918, con l’acerrima battaglia tra l’esercito della Guardia Bianca e i filo-bolscevici, e dalle diaspore che hanno interessato regioni storiche come l’Ingria e la Carelia – ha un’eco di rilievo anche nei gialli "storici" di un ottimo contemporaneo come Matti Ronka, tradotto in Italia dalla casa editrice Iperborea. Ronka – ospite della terza puntata di Radio Helsinki –, da giornalista e romanziere ha seguito molti fatti di cronaca nera, calandoli nella Finlandia del Novecento in opere come L’uomo dalla faccia da assassino, dove abbondano gangster frontalieri e vicende delittuose attecchite nel terreno di ideologie contrapposte.

Un discorso a parte meritano infine thriller contemporanei ambientati in cupi presenti, come Il guaritore di Antti Tuomainen (Einaudi, 2012), in cui l’indagine su misteriose sparizioni si dipana sullo sfondo di una Helsinki afflitta dalla pioggia battente e dai mutamenti climatici, ma soprattutto alcune validissime opere non ancora tradotte in Italia ma già ampiamente amate da pubblico e critica nel paese nordico, come i romanzi targati Wsoy della serie Delta di Arttu TuominenVerivelka (Debito di sangue) e Hyvitys (Risarcimento) –, usciti tra 2019 e 2020, in cui affiorano rabbie sociali ed estremismi politici ben calati nel paese d’oggi.